18 dic 2009

Se non solo su Facebook il fatto si fa serio atto secondo: dalle minacce ai fatti.

Aborro ogni forma di violenza fisica, verbale e/o psicologica; qualunque istigazione alla commissione di reati di qualsivoglia genere. Considero la dialettica e la violenza (e le minacce) come concetti separati, per non dire opposti.

A fine ottobre 2009 avevo già affrontato il tema delle minacce su Facebook a Berlusconi, e anche allora, come ovvio, deprecavo le minacce e la violenza. Ma dovrebbe essere normale deprecare un certo tipo di commenti, non occorrerebbe nemmeno dirlo. Ecco: piuttosto chi non è normale chi ha tirato il souvenir al Presidente del Consiglio.

Il reato dell'istigazione è previsto dall'articolo 414 del codice penale che al comma 1 recita: «Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito per il solo fatto dell'istigazione». Se Zingarelli non s'è rintronato, istigare significa testualmente: «spingere qualcuno a compiere un'azione riprovevole». Nello stesso articolo è condannata l'apologia (l'esaltazione) del reato. Se, quindi, abbiamo visto che chi ha compiuto il gesto non è una persona così normale, tutti i gruppi che esaltano questo gesto, ma in generale tutti i gruppi che compiono istigazione ed apologia, che in pochi giorni sono nati come funghi non sono altro che gruppi illegali, come tali oscurabili e i fondatori, i commentatori che hanno esaltato il gesto, e probabilmente anche i semplici fan, perseguibili dalla legge per istigazione a delinquere e apologia di reato.


Il secondo concetto da non trascurare è che scrivere su Facebook non è, come disse Ferrero a fine ottobre ad Affari Italiani.it, come scriversi una lettera, per quanto anche le lettere minatorie non sono proprio dichiarazioni d'amore e costituiscono anch'esse reato. Ma il problema, su Facebook, si pone specie se si forma un gruppo. Facebook ha una grande diffusione, paragonabile al carattere di pubblicità necessario per l'istigazione ai reati. Chi istiga alla violenza, al razzismo e a qualunque reato, o alla morte di chicchessia, anche tramite Facebook, quindi, dev'essere denunciato.
Questo senza voler criminalizzare nè l'intera struttura di Facebook, nè internet in generale: sarebbe gettare via tonnellate di frutta per poche mele marce. Non ne vale la pena.

Quello che mi chiedo è possiamo individuare, nei gruppi su Facebook che volevano Berlusconi morto, dei mandanti morali? Possiamo individuarli in Di Pietro-Travaglio & co.? Ma siamo sicuri che ci sia alla fine un mandante morale? Sono sempre molto perplesso sui mandanti morali (meno sull'istigazione a delinquere). Se dico pubblicamente che Tizio mi è antipatico, e Caio tenta di ammazzarlo posso essere considerato un mandante morale?

Nel caso di Berlusconi, sinceramente, non so se c'è un mandante morale o meno, so che un pazzo ha attentato al Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana. Mi basta per considerarlo un fatto estremamente grave. Io so che minacce, istigazioni e gruppi Facebook ed intimidazioni di ogni tipo non sono solo a Berlusconi ma a diversi politici e sono tutte da condannare. So anche che non bisogna confondere la critica, che certo non prevede le minacce di morte, con gli attentati e con le offese; so che a tutti spetta il diritto di manifestazione del pensiero, ma non il diritto di offendere e di minacciare.

Concludo segnalando una minaccia che è giunta ad Andrea De Luca, un blogger decisamente bravo a cui va tutta la mia sincera amicizia e solidarietà ed il mio invito a continuare la sua attività di blogger. Non so se Andrea segnalerà la cosa alla polizia postale o meno, sarà sua libera scelta farlo (se volete saperlo io gli ho già consigliato di farlo). Ma certo non trovo assolutamente giusto che, in virtù di quanto appena detto, non si possa esprimere le sue idee (indipendentemente se le si condivida o meno) senza correre il rischio di essere minacciato.

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