La storia di Bossi, mi ricorda quella di alcuni dittatori. Per esempio Francisco Franco fu afflitto per diverso tempo dal morbo di Parkinson, la qual cosa lo costrinse a nominare, nel 1969, Juan Carlos come suo successore. Mi rendo conto che le differenze tra Juan Carlos (che forse non tutti sanno essere italiano in quanto nato a Roma), e Renzo Bossi siano notevoli, ma anche il fatto che Bossi sr. voglia imporre il figlio è un dato di fatto. Un nepotismo che scontenta molti della base leghista.
Anche Bossi, come Franco, è malato. Al punto che sempre più spesso i suoi discorsi non sono altro che una serie di suoni gutturali che rendono sempre più difficile la comprensione delle sue parole. È evidente che Bossi non ce la fa più, a seguito dell’ictus celebrale che nel 2004 gli ha provocato danni alla deambulazione e alla parola. È tuttora evidente che Bossi quando parla fa una fatica bestiale, l’eloquio non è chiaro e forte come una volta, al di là dei 70 anni compiuti lo scorso settembre.
Un altro presidente/dittatore che mi ricorda Bossi, fu Tito. Finché fu lui presente la Jugoslavia rimase unita sotto questo presidente amante di alcool e belle donne, che fece del culto della personalità un must (escluso l’alcool, mi ricorda un altro politico nostrano).
Anche Tito fu molto malato gli ultimi tempi, fu costretto a subire addirittura l’amputazione di una gamba, e fu tenuto in vita il più possibile proprio per evitare la possibile dissoluzione della Jugoslavia, come poi puntualmente è avvenuto. Tito negli ultimi anni divenne a modo suo quasi un padre della patria, modificando la costituzione instaurando la presidenza collettiva.
Bossi incarna, ovviamente con crismi molto diversi, la figura di questi dittatori-totem. Ormai unico collante del partito esposto a richiesta nonostante l’età che avanza (ma sarebbe il minimo in una classe dirigente nata nel pleistocene) e la malattia che lo mutila nella parola e negli spostamenti.
L’incapacità di circondarsi di persone di valore, anzi servili (vedi la campagna – fedeltà che recentemente la dirigenza leghista ha lanciato); il nepotismo tipico se non delle dittature militari di Franco e di Tito, ma delle dittature simil-coreane in cui i leader s’imbalsamano da vivi e da morti.
Dittature, quelle di Tito e quella coreana, in cui il culto della personalità t’impone di mostrare il leader nel massimo del suo splendore: il sito della Lega Nord mostra un Bossi sr. di almeno una decina d’anni fa.
La Lega, insomma, dà profondi segni di spaccatura al suo interno: la base non accetta, giustamente, imposizioni centralistiche. E sarebbe il colmo in un partito che combatte il centralismo romano. Bossi è usato, dai suoi pochi seguaci, come spauracchio pur non reggendosi in piedi.
Verrà un giorno in cui Bossi morirà, e forse con lui la Lega Nord.
Su 100 cose così trovate approfondimenti interessanti sul tema. Di seguito i fischi al grande capo rutto imbalsamato.
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