“Oggi
il crimine non è più stigmatizzato e condannato in quanto violazione della
norma, ma in quanto minaccia alla sicurezza personale” (Z. Bauman,
in “La solitudine del cittadino globale, Milano, 2003).
Rifletteteci,
non è una cosa campata per aria. Ad oggi i problemi sociali sono
criminalizzati, giudicati e/o costruiti come minacce alla sicurezza
della persona. E quest'uniformità di giudizio è un'uniformità
quanto meno parziale. E deviante. Reati sessuali, eccessi di
velocità, fumo in pubblico, droghe.
Sicuramente
la componente della sicurezza personale è presente in ognuna di
queste categorie, e anche in categorie che ho tralasciato. Ma è una
componente variabile, quindi uniformare il giudizio può avere
effetti deflagranti, sia in termini di reazione da parte
dell'ordinamento, a codesti reati; sia sotto il profilo della
rispettiva percezione dell'opinione pubblica. Percezione che
risulterà, per la maggior parte delle volte, falsata.
Tralasciando
il fatto che un giudizio univoco ed assoluto sulla sicurezza
personale potrebbe garantire limitazioni a libertà personali oltre
lo stretto necessario, ma prendete, ad esempio un drogato. Un
drogato, per lo più, è considerato qualcuno da mettere al gabbio,
un pericolo. E invece, oltre ad essere un pericolo, per sé e per gli
altri, è anche una persona debole, una persona che va curata, che va
liberata da chi si approfitta di lui (ad esempio la malavita potrebbe
indurlo a commettere reati o per ottenere i soldi per comprare la
dose, o come parziale contropartita per la dose stessa).
Vi
rendete ben conto, quindi, che la realtà dei fatti è maggiormente
complessa rispetto a quella che, troppe volte, ci viene presentata. E considerare ogni cosa come un attacco alla nostra sicurezza, senza distinzione e senza contestualizzazioni, ci rende più vulnerabili. Tutti.
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