28 mar 2012

Provenzano, Tanzi e Aiello: sarebbe più onesto sparargli un colpo in testa?

Tre casi molto diversi tra loro, ma per certi versi analoghi sono quelli di Bernardo Provenzano, di Calisto Tanzi e di Michele Aiello. Bernardo Provenzano, a detta del figlio, comincerebbe a non starci con la testa.  

Michele Aiello, prestanome del citato Provenzano, è soggetto a favismo, e per quanto possa sembrare assurdo che in un carcere si serva solo riso e piselli, adesso Aiello se ne sta placidamente ai domiciliari.


Calisto Tanzi, a quanto sostiene, si è pentito ed ha seri problemi di salute che lo portano ad avere un sondino nasogastrico per l'alimentazione artificiale perennemente attaccato.  

In tutti e tre questi casi, nessuna pietà, nel senso di misericordia, per i tre soggetti che hanno, rispettivamente, ammazzato,  utilizzato secondo i magistrati i capitali di Provenzano e truffato mandando sul lastrico decine di persone. Chi viene riconosciuto colpevole di tali delitti deve scontare la propria pena. E tutta. Non sono fatti facilmente perdonabili, se non quanto meno dopo adeguata sanzione. Altrimenti non avrebbe senso la legge, né i tribunali, né le galere.

Anche perché nessuna pietà, sempre nel senso di misericordia, hanno avuto loro nel compiere i loro reati. Anzi. Non mi stupirebbe leggere di testimonianze che raccontino l'arroganza derivante dalla presunta impunità e dal potere. E' quindi anche il caso di mostrare quali siano le conseguenze di tanta arroganza, di tanto disprezzo del prossimo e delle leggi.

Le persone civili si differenziano dai loschi animali trogloditi criminali proprio perché utilizzano un sistema chiamato giustizia e non un sistema chiamato vendetta. Che poi la finalità rieducativa nel carcere è simile all'aria fritta è un altro discorso. Carceri spesso con condizioni disumane, sanzioni che arrivano ad anni di distanza dal fatto commesso e quindi inutili (e ti credo: se si fanno processi per il presunto furto di un ovetto Kinder); l'ergastolo come pena massima, che equivale alla pena di morte civile. Tutto questo manda a pallino la finalità rieducativa. 

Ma almeno proviamo a valorizzare la finalità sanzionatoria. Che serva di esempio per il prossimo, anche se nutro sfiducia anche in questo: molte persone si convincono a stento dei propri errori, figurarsi degli errori altrui (da cui si impara sempre un mucchio di cose). Ma val la pena provarci.

Ma se, indipendentemente da chi sia il carcerato, per sanzione intendiamo che debba vivere in condizioni disumane che arrechino danno alla salute e conduca magari alla morte, tanto vale avere l'onestà di sostenere la necessità di sparargli un colpo in testa e abbuonargli la sofferenza. Risolveremmo il problema della criminalità e del sovraffollamento delle carceri. 

Possiamo discutere sulla solidarietà, che è diversa dalla pietà: possiamo discutere, per esempio, se sia giusto o meno che chi delinqua, poi possa avere la possibilità di non delinquere più, di studiare e di inserirsi nel mondo del lavoro magari anche con un sacrificio della collettività che mantiene in piedi le carceri e le strutture di reinserimento. Ma senza ipocrisie: la riflessione dovrebbe anche passare per un ripensamento della legge penale e delle relative punizioni. Spesso si vede il carcere come vendetta non come sanzione/rieducazione, e questa mentalità fa sì che il nostro codice penale, che nella parte generale è all'avanguardia, ma che nella parte speciale comporta come analoga gravità il furto aggravato (massimo 10 anni) e le lesioni personali gravissime (massimo 12 anni). Danni contro il patrimonio e danni contro la persona, analoga sanzione, quindi analoga gravità.

Dobbiamo privarci di quel falso moralismo per cui se al posto dei tre nomi citati avessi nominato Pepp' 'o Scugnizz', Gioacchin' 'O Zuopp' e Massimin' 'O Pelat' difficilmente ve ne sareste fottuti. Muoiono in galera o fuori, basta che non rompono le scatole ai rispettivi orticelli (remember Candide di Voltaire?).

La giustizia, e non la vendetta, impone che anche Provenzano, Aiello e Tanzi se effettivamente malati e bisognosi di cure, ne usufruiscano, posto che devono comunque scontare la loro pena.

La giustizia, e non la vendetta, impone che reati gravi abbiano le debite sanzioni, non di meno ma nemmeno di più. E quindi che si distingua tra chi ruba per disperazione, perché figlio del disagio sociale, potendo ben essere e più facilmente reinserito in un contesto più dignitoso; e chi delinque per esaltazione, per sfida al prossimo, per prepotenza e disprezzo. Lì il lavoro sarà complesso. E impone anche che al carcere si sostituiscano veri e propri salassi economici: l'unico modo per scoraggiare i reati è colpire al portafogli.

La giustizia, e non la pietà e nemmeno la solidarietà, impongono che il diritto alla salute è per tutti, non per Tortora e Sabani sì, processati ingiustamente ed entrambi morti prematuramente, e per Provenzano, Aiello e Tanzi, ammesso che tutti e tre abbiano effettivamente di questi problemi, no. Altrimenti è vendetta. La giustizia, e non la pietà, però impone che laddove la salute invece vi sia queste persone stiano in carcere e non a spasso e nemmeno in ville di lusso, vista la gravità di quanto da loro commesso.

La giustizia impone tempi rapidi, e quindi via processi su cazzabubbole come l'ovetto Kinder (non) rubato. Ad un attaccabrighe simile andrebbe comminata una multa enorme, per il danno arrecato alla collettività.

Quindi gente, prima di scandalizzarvi, prendete coscienza della complessità dei problemi e mettete da parte la vendetta. Dopodiché tutto forse sarà più semplice. Salvo che non riteniate opportuno sostenere la necessità della fucilazione per alcuni reati. In quel caso sappiate che non sarò dei vostri.

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