14 nov 2009

Fermiamo la mutilazione degli organi genitali femminili.


Il 09 Novembre 2009 è stato attivato il numero verde 800 300 558 per chiedere aiuto, informarsi e denunciare eventuali abusi relativamente alle mutilazioni genitali femminili.





La mutilazione degli organi genitali femminili è una barbarie che viene compiuta prevalentemente in alcuni paesi nel continente africano e nel sud-est asiatico. In Somalia - per esempio - una donna non infibulata è considerata impura; in Kenya l'infibulazione è comunque considerata una pratica culturale lecita ed importante. Infibulando la donna, nella pratica le si vietano i rapporti sessuali, avendo la finalità di conservare e di indicare la verginità della donna, e si segna il passaggio dall'infanzia all'età adulta.




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L'escissione è una mutilazione dei genitali femminili con cui si asporta il clitoride al fine di ridurre il piacere sessuale femminile e a cui si aggiungono una serie di danni psicologici, mentre con l'infibulazione vengono spesso raccolte tutte le mutilazioni a carico dei genitali femminili, tra cui anche l'escissione, praticate in diversi paesi dell'Africa sub-sahariana, per motivi non terapeutici, che ledono fortemente la salute psichica e fisica delle bambine e donne che ne sono sottoposte. Secondo Emma Bonino in 18 dei 28 Stati in cui si pratica l'infibulazione attualmente si sono dotati di leggi che condannano tali pratiche.


I motivi che spingono all'infibulazione posono essere derivanti dalla credenza che solo in tal modo la donna raggiunga la maturità, oltre che sintomo di purezza (ma checché si creda il Corano non prescrive alcuna di queste pratiche), oltre che di verginità e di castità della donna. Ma anche l'associazione tra i genitali femminili esterni e l'idea di bruttezza e di nocività è un'associazione radicata al punto tale da giustificare queste pratiche.

Senza scendere nei dettagli medici (chi è interessato può consultare Le linee guida del ministero della salute che spiegano tutto in modo sufficientemente dettagliato) le conseguenze di tale pratica comportano:
1) danni alla donna in via immediata: tetano, febbre, setticemia, shock;


2) danni alla donna a medio termine: cisti, ascessi ed infezioni assortite;
3) danni alla donna nel lungo termine: dismenorrea (mestruazioni irregolari e dolorose), difficoltà nella minzione ed incontinenza urinaria (soprattutto post partum) calcoli vaginali, infezioni pelviche, ipersensibilità dell’area genitale, infertilità;
4) danni al bambino ed alla madre: il tessuto fibroso vulvare non permette la dilatazione necessaria per il normale svolgimento del parto, nel periodo espulsivo, con possibili danni al bambino e alla madre. Se non si procede tempestivamente alla riapertura dei tessuti della cicatrice il bambino può arrestare la sua discesa nell’ultimo tratto del canale vaginale e rischiare, per scarsa ossigenazione, danni cerebrali; la mamma può andare incontro a lacerazioni perineali, uretrali e rettali. Una ulteriore possibile complicazione dove il parto avviene in contesti non sanitari è rappresentata dalla rottura dell’utero, complicazione temibile sia in termini di mortalità materna che neonatale. Inoltre, poiché le donne infibulate sono sottoposte con maggiore frequenza al taglio cesareo, rischiano più di altre la morte per emorragia o sepsi puerperale, specialmente nei paesi di origine e fuori dagli ospedali attrezzati.


Senza contare i danni psicologici che ne seguono: spesso e volentieri i mariti viste tutte le complicazioni fisiche abbandonano le donne; senza contare che spesso le donne hanno riferito di essersi sentite tradite, abbandonate, violentate dalle rispettive famiglie. Un senso di impotenza e di inibizione perpetuo che con la defibulazione, ancorché possa ripristinare fisicamente in tutto o in parte quanto fatto dall'infibulazione, difficilmente si può riparare.


L’OMS stima che sono dai 100 ai 140 milioni le donne nel mondo sottoposte a mutilazioni genitali femminili e che le bambine sottoposte a tali pratiche sono, ogni anno, circa 3 milioni. Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica diffusa principalmente in alcuni Paesi dell’Africa. Nei villaggi dei Paesi interessati con rudimentali strumenti, in condizioni igieniche precarie, con anestetici e disinfettanti naturali, si interviene sulle bambine, traendo da questa attività un reddito.

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