Grande rivincita nei confronti dei leccaculo: il 07 maggio dovrebbe essere indicata come giornata mondiale anti-leccaculo. Anzi, la Cassazione consiglia di utilizzare il termine signorsì. Giornata mondiale anti - signorsì (mi sembra che anche così suona bene).
In sostanza che è accaduto: un avvocato ha dichiarato testualmente «basta, ho deciso, io con l'avvocato ci parlo, ci discuto, non sono come la (omissis) che dice sempre "si avvocato ... certo avvocato", è un pazzo, vuole restare circondato da leccaculo, bene ci resti pure».
Piccola parentesi. Ci si deve render conto che in Italia principalmente due sono le cause che rallentano la giustizia. PRIMO: ogni prurito di culo è buono per fare causa; SECONDO in appello (prevalentemente in ambito penale) c'è il divieto di reformatio in peius. Se in primo grado ti danno dieci anni, in appello, nella peggiore delle ipotesi, ti confermano i dieci anni. Tempo fa sentii Davigo sostenere che in Francia, mancando questa regola, venivano appellate il 40% in meno delle sentenze rispetto all'Italia. Chiusa parentesi.
Insomma uno dei citati lecca ... signorsì ha riferito al capo, il quale deve proprio avere molta stima del signorno al punto da querelarlo: e chissà che così facendo non abbia proprio confermato che il pazzo di cui sopra non ami circondarsi da leccaculo.
Morale della favola, dopo tre gradi di giudizio (sic!) il 7 maggio, appunto, la Cassazione ci ha illuminato dicendo che dare del pazzo a qualcuno è come dare dello scemo o del cretino, cioè è nel linguaggio comune, anche se rozzo e volgare, all'osteria numero mille va come il cacio sui maccheroni, ma anche sintetica ed efficace. Sostanzialmente manifestare il proprio dissenso, ancorché in modo rozzo, può essere inelegante (ci fate una figura di cacca) ma non è diffamazione.
Semmai i diffamati sarebbero i colleghi avvocati definiti leccaculo, ma loro non hanno querelato nessuno: chissà se perché essendo talmente leccaculo sono abituati a non contestare nessuno, oppure perché sapevano che non era diffamatorio definirli come leccaculo.
In sostanza che è accaduto: un avvocato ha dichiarato testualmente «basta, ho deciso, io con l'avvocato ci parlo, ci discuto, non sono come la (omissis) che dice sempre "si avvocato ... certo avvocato", è un pazzo, vuole restare circondato da leccaculo, bene ci resti pure».
Piccola parentesi. Ci si deve render conto che in Italia principalmente due sono le cause che rallentano la giustizia. PRIMO: ogni prurito di culo è buono per fare causa; SECONDO in appello (prevalentemente in ambito penale) c'è il divieto di reformatio in peius. Se in primo grado ti danno dieci anni, in appello, nella peggiore delle ipotesi, ti confermano i dieci anni. Tempo fa sentii Davigo sostenere che in Francia, mancando questa regola, venivano appellate il 40% in meno delle sentenze rispetto all'Italia. Chiusa parentesi.
Insomma uno dei citati lecca ... signorsì ha riferito al capo, il quale deve proprio avere molta stima del signorno al punto da querelarlo: e chissà che così facendo non abbia proprio confermato che il pazzo di cui sopra non ami circondarsi da leccaculo.
Morale della favola, dopo tre gradi di giudizio (sic!) il 7 maggio, appunto, la Cassazione ci ha illuminato dicendo che dare del pazzo a qualcuno è come dare dello scemo o del cretino, cioè è nel linguaggio comune, anche se rozzo e volgare, all'osteria numero mille va come il cacio sui maccheroni, ma anche sintetica ed efficace. Sostanzialmente manifestare il proprio dissenso, ancorché in modo rozzo, può essere inelegante (ci fate una figura di cacca) ma non è diffamazione.
Semmai i diffamati sarebbero i colleghi avvocati definiti leccaculo, ma loro non hanno querelato nessuno: chissà se perché essendo talmente leccaculo sono abituati a non contestare nessuno, oppure perché sapevano che non era diffamatorio definirli come leccaculo.
OLISTICO !!!!
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