23 gen 2009

Stato/Chiesa. E nel frattempo che fa Eluana?

Su La Repubblica del 22/01/2009 è apparsa un’intervista al cardinale di Torino, Severino Poletto, a cura di Paolo Griseri. Con la dovuta premessa che non sono medico e non conosco le condizioni di Eluana né di altri malati in stato vegetativo, la finalità certo non è confermare o smentire le singole, rispettabilissime, scelte dei familiari di persone che si trovano in tali tragiche situazioni. Non ne ho le competenze nè la voglia.


Rimango perplesso, leggendo l’intervista, quando si afferma che un medico non dovrebbe rispettare la scelta di Eluana Englaro di morire, «perché quella scelta va contro i principi morali della Chiesa». E poco dopo « … se le due leggi (dell’uomo e di Dio nda) entrano in contrasto è perché la legge dell’uomo non è una buona legge …» . Quindi: la legge di Dio è superiore.

Temo che la questione dell’eutanasia non avrà fine nel breve periodo. Purtroppo le parti contrapposte, Chiesa e Stato, vogliono risolvere la questione con leggi generali ed astratte. La Chiesa, dal canto suo, periodicamente pretende di metter bocca nella legislazione/giurisdizione italiana dimenticando che l’Italia è indipendente dal Vaticano. E nessun politico che una volta e per sempre chieda, con gentilezza, di non interferire (grazie).

Non è, d’altra parte, nemmeno sbagliato considerare le questioni di coscienza. La coscienza di ognuno di noi è fondamentale per lo sviluppo umano. Una strada percorribile potrebbe essere quella del testamento biologico, credo già attuata in Spagna: ognuno dovrebbe aver cura/obbligo sociale di lasciar scritto in modo chiaro ed inequivocabile quali intenzioni abbia trovandosi in uno stato vegetativo (nel quale, molte volte non ha la possibilità di esprimersi o di farlo lucidamente), secondo le proprie intenzioni, secondo la propria fede, e non secondo la fede dei medici o dei familiari.

La questione è che la Chiesa trascura che, intanto, non tutti credono alla legge di Dio (se ne facessero una ragione). In secondo luogo trascura che chi ci crede, col suo operato in contrasto con la legge o con la giustizia italiana, potrebbe impunemente creare gravi ripercussioni nei confronti di chi credente non è. I non credenti non sono obbligati a seguire la legge di Dio, per quanto perfetta sia. Nessuno può obbligare un non credente a subire queste sofferenze (piccole o grandi che siano) per la legge di Dio (in cui non crede).

In realtà essere credenti è una posizione rispettabilissima. Guai a chi crea discriminazioni religiose. Ma chi è dipendente pubblico, di uno Stato laico, deve mettere in conto di trovarsi in situazioni in cui, probabilmente, non deve tener conto della propria fede, ma della volontà altrui, e della legge italiana.

Secondo aspetto che sfugge al Cardinale (ed al suo intervistatore): quando si parla di legge contro l’uomo; oppure di cessazione della vita; o in generale quando si richiama il concetto di contro le leggi di natura, mi chiedo: senza l’ausilio delle macchine, Eluana sarebbe viva? Probabilmente no. Come lei molte persone in stato vegetativo.

Poi, senza dubbio, accade che i miracoli della scienza (non di Dio) danno qualche speranza di risveglio. Ma siamo ancora agli inizi. Nel frattempo, troppe sofferenze umane (forse queste contro natura) e troppo tempo passerà. E sarà bene tener conto di chi non vuol più soffrire. Si può non condividere, ma non si può imporre uno strazio fisico e psicologico per le proprie opinioni. Anche se (si ritengono) più giuste. Geniale fu Voltaire a dire Posso non essere d'accordo con quanto dici, ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa dirlo. E farlo, aggiungerei io.

Vorrei porre solo tre domande al Cardinale Poletto, che sintetizzano anche la mia posizione. Chissà che non trovi il modo di spedirgliele, o che non le legga. Magari arriva una risposta.

1) Se anche la Chiesa contempla l’uguaglianza dell'essere umano, indipendentemente dalla religione (o dalla laicità) delle persone, e se i non credenti obbediscono alle leggi dello Stato, perché un non credente deve subire anche una minima sofferenza per l'obbedienza alle leggi di Dio di un medico? È un diritto di ognuno di noi usufruire di un servizio pubblico, pur non essendo credenti?

2) Perché se i medici (allorché dipendenti pubblici) sono pagati dallo Stato, devono rispettare le regole della Chiesa? Non sarebbe più giusto che un dipendente pubblico, cioè pagato per fare un servizio pubblico (cioè per tutti, credenti e non), debba rispettare le regole dello Stato che gli conferisce uno stipendio?

3) Se i trattamenti medici non portano più vantaggi, a che pro accanirsi?

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1 commento:

  1. Sono rimasto letteralmente schifato dal comportamento di Sacconi.

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