Oggi, per puro sadismo, vi introduco ai CANTANTI NEOMELODICI. Ripeto voglio soddisfare il mio sadismo e me la prendo con i lettori del blog.
Il cantante neomelodico napoletano presenta delle peculiarità rispetto agli altri cantanti, che per chi non è quanto meno della Campania è difficile da individuare: intanto per lo più già definirli cantanti è un complimento, dato che sembrano afflitti da mal di pancia acuti.
Tralasciando queste amenità, in primo luogo il dialetto napoletano è il modo prevalente con il quale si esprime il neomelodico, rari come un film samoano sono i casi in cui i neomelodici usino (e correttamente) la lingua italiana. Il motivo ben potrebbe essere la scarsa conoscenza di quest'ultima, cosa vagamente confermata dallo stentato italiano mostrato da Marfè ai provini di X Factor o da Barbara d'Urso; ma aggiungerei come motivo concorrente quanto meno il fatto che il cantante neomelodico deve raggiungere (e comunicare con) il popolino del proprio quartiere, se ha successo verrà chiamato per i matrimoni e per le feste di piazza, a Napoli e provincia (un tour tra le migliori feste di Marano/Baiano/Cicciano/Barra/Ponticelli). Nino D'Angelo e Gigi D'Alessio sono i neomelodici più conosciuti (in tempi recenti Marco Marfé ha avuto una sua notorietà ancorché grottesca), ma già appartenenti per lo più ad una generazione un po' precedente a questa. Senza contare che, al di là di facili battute, hanno fatto un salto di qualità cantando in italiano, consentendo un bacino di utenza e di comprensione che fuoriesce dal proprio quartiere.
Comunque sia, quando parlo di napoletano non parlo del Dialetto Napoletano di Eduardo o di Troisi o di Totò o dei Grandi Classici della musica napoletana: le sonorità di questo dialetto sarebbero comprensibili fino in Giappone. Chi non è di Napoli penso comprenda comunque cosa voglia dire 'O sole mio sta 'nfront a te così come chi non è di Milano comprende cosa significhi O mia bela Madunina. Questo è un dialetto più nobile. Il dialetto, e gli argomenti delle canzoni, dei neomelodici sono quelli dei vicoli, che costituiscono un mondo a sè stante: un mondo in cui si concentrano spesso parenti, amici e scuola o lavoro. Un mondo, spesso anche molto degradato, che sembra il migliore dei mondi possibili (ma non penso conoscano Voltaire ed il Candide).
Seconda caratteristica ricorrente è il fatto che molti cantanti sono conosciuti col solo nome di battesimo: Raffaello; Giuseppe Jr.; Michele; Alessio quelli più conosciuti. Non un cognome per potersi distinguere, ammesso che ce ne sia bisogno, anche perché chi segue i cantanti neomelodici li riconosce immediatamente. Non è necessaria nessuna distinzione ulteriore, anzi: Raffaello è meglio di Alessio (o viceversa), discorsi che possono lasciare interdetti a chi è completamente digiuno di neomelodici.
Ultima caratteristica comune è la tamarraggine (o truzzaggine) di aspetto e di modo di fare: pettinatura simile ad una leccata di mucca, sguardo seducente da triglia ubriaca, savoir faire tipico di un rinoceronte e testi privi di ogni qualsivoglia originalità scritti dopo seria assunzione di allucinogeni. A vederli separatamente sembrano uno il clone dell'altro per aspetto, modi di fare, testi delle canzoni.
Per fare un breve accenno storico, la musica neomelodica nasce negli anni -70, quando Cutolo arruola la peggior marmaglia di Napoli per creare la Nuova Camorra Organizzata e questi cantastorie provenienti dai quartieri più poveri si diffondono in modo capillare. Nei prossimi post che di qui a qualche giorno inserirò, quindi se l'argomento vi interessa non perdiamoci di vista, vedremo come non sempre si può parlare di cantastorie.
Vi rimando anche al sito di Roberto Saviano che spiega il successo dei neomelodici nei migliori vicoli di Napoli
Tralasciando queste amenità, in primo luogo il dialetto napoletano è il modo prevalente con il quale si esprime il neomelodico, rari come un film samoano sono i casi in cui i neomelodici usino (e correttamente) la lingua italiana. Il motivo ben potrebbe essere la scarsa conoscenza di quest'ultima, cosa vagamente confermata dallo stentato italiano mostrato da Marfè ai provini di X Factor o da Barbara d'Urso; ma aggiungerei come motivo concorrente quanto meno il fatto che il cantante neomelodico deve raggiungere (e comunicare con) il popolino del proprio quartiere, se ha successo verrà chiamato per i matrimoni e per le feste di piazza, a Napoli e provincia (un tour tra le migliori feste di Marano/Baiano/Cicciano/Barra/Ponticelli). Nino D'Angelo e Gigi D'Alessio sono i neomelodici più conosciuti (in tempi recenti Marco Marfé ha avuto una sua notorietà ancorché grottesca), ma già appartenenti per lo più ad una generazione un po' precedente a questa. Senza contare che, al di là di facili battute, hanno fatto un salto di qualità cantando in italiano, consentendo un bacino di utenza e di comprensione che fuoriesce dal proprio quartiere.
Comunque sia, quando parlo di napoletano non parlo del Dialetto Napoletano di Eduardo o di Troisi o di Totò o dei Grandi Classici della musica napoletana: le sonorità di questo dialetto sarebbero comprensibili fino in Giappone. Chi non è di Napoli penso comprenda comunque cosa voglia dire 'O sole mio sta 'nfront a te così come chi non è di Milano comprende cosa significhi O mia bela Madunina. Questo è un dialetto più nobile. Il dialetto, e gli argomenti delle canzoni, dei neomelodici sono quelli dei vicoli, che costituiscono un mondo a sè stante: un mondo in cui si concentrano spesso parenti, amici e scuola o lavoro. Un mondo, spesso anche molto degradato, che sembra il migliore dei mondi possibili (ma non penso conoscano Voltaire ed il Candide).
Seconda caratteristica ricorrente è il fatto che molti cantanti sono conosciuti col solo nome di battesimo: Raffaello; Giuseppe Jr.; Michele; Alessio quelli più conosciuti. Non un cognome per potersi distinguere, ammesso che ce ne sia bisogno, anche perché chi segue i cantanti neomelodici li riconosce immediatamente. Non è necessaria nessuna distinzione ulteriore, anzi: Raffaello è meglio di Alessio (o viceversa), discorsi che possono lasciare interdetti a chi è completamente digiuno di neomelodici.
Ultima caratteristica comune è la tamarraggine (o truzzaggine) di aspetto e di modo di fare: pettinatura simile ad una leccata di mucca, sguardo seducente da triglia ubriaca, savoir faire tipico di un rinoceronte e testi privi di ogni qualsivoglia originalità scritti dopo seria assunzione di allucinogeni. A vederli separatamente sembrano uno il clone dell'altro per aspetto, modi di fare, testi delle canzoni.
Per fare un breve accenno storico, la musica neomelodica nasce negli anni -70, quando Cutolo arruola la peggior marmaglia di Napoli per creare la Nuova Camorra Organizzata e questi cantastorie provenienti dai quartieri più poveri si diffondono in modo capillare. Nei prossimi post che di qui a qualche giorno inserirò, quindi se l'argomento vi interessa non perdiamoci di vista, vedremo come non sempre si può parlare di cantastorie.
Vi rimando anche al sito di Roberto Saviano che spiega il successo dei neomelodici nei migliori vicoli di Napoli
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