
29 dic 2009
Associazione Effetto Farfalla per l'Associazione Contro le Leucemie ed i Tumori nell'Infanzia.

26 dic 2009
Perplessità sulle perplessità.
- anche in questo caso per certi versi ha fatto cilecca la sicurezza che controlla Piazza San Pietro e dintorni. Così come fece cilecca la sicurezza quando vi fu l'attentato a Woityla: per ha fatto cilecca intendo dire che si è consentito che persone non autorizzate arrivassero a distanza ravvicinata dal Papa, indipendentemente dalle intenzioni. Peraltro è stato dichiarato che per isolare il Papa da ogni rischio di aggressione dovrebbe stare sotto una campana di vetro: premesso che attentare alla vita di qualcuno rimane vergognoso, questo vale per tutti i personaggi pubblici (dovrebbero vivere sotto una campana di vetro per stare al sicuro).
- il Papa ha in ogni caso detto la messa di Natale senza che l'aggressione (l'abbraccio?) cambiasse ogni programma di sorta: e se anche in questo caso ci fosse stato un piano di riserva?
- anche in questo caso le telecamere hanno ripreso la scena (ed anche negli attentati ben più gravi a Reagan, a Woityla, a Kennedy, a Osvald).
A questo si aggiungono altre perplessità:
1) Se è falsa l'aggressione è falso il ricovero.
Per organizzare una aggressione che non comporti danno a Berlusconi, dovrebbero coinvolgersi tutta una serie di persone che potrebbero ben vendersi la notizia a decine di riviste, giornali, giornaletti, ricavandone bei soldi. E qui parlo dell'entourage del S. Raffaele che avrebbe dovuto decidere di tenerlo per tre giorni per pura finzione. Sarebbe una notizia troppo ghiotta da farsi sfuggire e da non provare a rivendere. E poi Bersani che va a trovare Berlusconi in ospedale stava al suo gioco? Mi pare poco probabile.
2) Pericolosità intrinseca del souvenir.
Mettiamo, pure, che l'aggressione sia avvenuta per davvero, ma orchestrata con la mera finalità di accrescere la popolarità di Berlusconi o di distogliere l'attenzione dalle più diverse questioni (e non, quindi suscitata dal clima). Ebbene in questo caso devo dire che sinceramente in una cosa Berlusconi ha avuto ragione: se fosse stato centrato in un occhio, avrebbe rischiato seriamente di perderselo per la strada. Quante persone pensate siano disposte a correre un rischio così elevato? Plausibilmente avrebbero organizzato qualcosa che non assomigliasse alla specialità olimpica tiro al bersaglio e che non comportasse immediati rischi per la salute presidenziale.
3) Dinamica degli eventi.
- Dalle foto e dai filmati che ho visto emerge che Berlusconi si copre il viso con il palmo delle mani, mentre per dimostrare il bluff si vedono solo foto che fanno vedere prevalentemente il dorso pulito delle mani. Ciò non toglie che nel frattempo si sia potuto pulire le mani e in parte il viso, dando quindi l'impressione che sia stato tutto un bluff.
- Il fatto che dopo alcune frazioni di secondo non sia uscito sangue dalle escoriazioni più superficiali, non vuol dire nulla: a meno che non vi recidiate l'aorta (vi invito a fidarvi sulla parola e a non provare a recidervela) vedrete che il sangue impiega sempre diversi secondi a fuoriuscire.
- Con riferimento al blog Ace on the river, il 18 dicembre scorso è stato pubblicato un commento anonimo che effettua una particolareggiata ricostruzione della situazione volta a dimostrare che in realtà i denti di Berlusconi sono sani. In primo luogo chi fa tutta la dissertazione medico scientifica è un utente anonimo (potrebbe essere uno scarparo) ed in secondo luogo si effettua una diagnosi e controdiagnosi valutando delle foto sgranate, senza nemmeno uno scampolo di visita seria. Non sono dentista, quindi non mi addentro i analisi mediche, ma so per certo che in diverse occasioni i dentisti valutano con l'ausilio di radiografie e dopo approfondite visite. Penso che ragionevolmente si possa diffidare da tale contestazione almeno fino al momento in cui l'autore del commento non si qualifica in modo certo, e non effettua una visita accurata per potersi esprimere.
24 dic 2009
AUGURI DI BUON NATALE.
23 dic 2009
Giampaolo Giuliani assolto dall'accusa di procurato allarme.
Mi farebbe sapere Bertolaso, che tra un po' sarà pensionato, cosa ne pensa. Cosa ne pensano tutti i suoi accusatori? Perché i media non hanno dato la notizia con enfasi pari a quando è stato accusato?
18 dic 2009
Se non solo su Facebook il fatto si fa serio atto secondo: dalle minacce ai fatti.
A fine ottobre 2009 avevo già affrontato il tema delle minacce su Facebook a Berlusconi, e anche allora, come ovvio, deprecavo le minacce e la violenza. Ma dovrebbe essere normale deprecare un certo tipo di commenti, non occorrerebbe nemmeno dirlo. Ecco: piuttosto chi non è normale chi ha tirato il souvenir al Presidente del Consiglio.
Il reato dell'istigazione è previsto dall'articolo 414 del codice penale che al comma 1 recita: «Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito per il solo fatto dell'istigazione». Se Zingarelli non s'è rintronato, istigare significa testualmente: «spingere qualcuno a compiere un'azione riprovevole». Nello stesso articolo è condannata l'apologia (l'esaltazione) del reato. Se, quindi, abbiamo visto che chi ha compiuto il gesto non è una persona così normale, tutti i gruppi che esaltano questo gesto, ma in generale tutti i gruppi che compiono istigazione ed apologia, che in pochi giorni sono nati come funghi non sono altro che gruppi illegali, come tali oscurabili e i fondatori, i commentatori che hanno esaltato il gesto, e probabilmente anche i semplici fan, perseguibili dalla legge per istigazione a delinquere e apologia di reato.
Il secondo concetto da non trascurare è che scrivere su Facebook non è, come disse Ferrero a fine ottobre ad Affari Italiani.it, come scriversi una lettera, per quanto anche le lettere minatorie non sono proprio dichiarazioni d'amore e costituiscono anch'esse reato. Ma il problema, su Facebook, si pone specie se si forma un gruppo. Facebook ha una grande diffusione, paragonabile al carattere di pubblicità necessario per l'istigazione ai reati. Chi istiga alla violenza, al razzismo e a qualunque reato, o alla morte di chicchessia, anche tramite Facebook, quindi, dev'essere denunciato. Questo senza voler criminalizzare nè l'intera struttura di Facebook, nè internet in generale: sarebbe gettare via tonnellate di frutta per poche mele marce. Non ne vale la pena.
Quello che mi chiedo è possiamo individuare, nei gruppi su Facebook che volevano Berlusconi morto, dei mandanti morali? Possiamo individuarli in Di Pietro-Travaglio & co.? Ma siamo sicuri che ci sia alla fine un mandante morale? Sono sempre molto perplesso sui mandanti morali (meno sull'istigazione a delinquere). Se dico pubblicamente che Tizio mi è antipatico, e Caio tenta di ammazzarlo posso essere considerato un mandante morale?
Concludo segnalando una minaccia che è giunta ad Andrea De Luca, un blogger decisamente bravo a cui va tutta la mia sincera amicizia e solidarietà ed il mio invito a continuare la sua attività di blogger. Non so se Andrea segnalerà la cosa alla polizia postale o meno, sarà sua libera scelta farlo (se volete saperlo io gli ho già consigliato di farlo). Ma certo non trovo assolutamente giusto che, in virtù di quanto appena detto, non si possa esprimere le sue idee (indipendentemente se le si condivida o meno) senza correre il rischio di essere minacciato.
10 dic 2009
Il limite è massimo, non minimo.
6 dic 2009
Berlusconi è andato al No B day.
Silvio Berlusconi si è presentato ieri al No B Day. Gobbo, triste e con aria pessimista. Tanto era irriconoscibile che qualcuno l'ha scambiato inizialmente per Andreotti o per Veltroni. Dopo alcuni istanti di stupore generale e di brusio, riconosciuto che era Berlusconi, è partita una bordata di fischi. Per alcuni istanti, Berlusconi sembrava decisamente intimidito da quanto vedeva, ma d'altronde non poteva aspettarsi altrimenti.
Dopo diversi minuti, placata l'ira dei presenti, Silvio ha provato timidamente a parlare ad un megafono. Si è schiarito la gola, ha deglutito e ha detto di volersi dimettere, di voler subire i processi come tutti i cittadini normali, e che quando avrà dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio la propria specchiata onestà, sul piano giuridico oltre che morale, si ricandiderà sicuro di un ulteriore plebiscito. In tal modo pure gli oppositori non potranno dire alcunché sulla propria situazione moral-giudiziaria ... poi mi sono svegliato in preda ad un attacco isterico, ho vomitato l'anima del diavolo e son tornato a letto dopo diverse camomille.
27 nov 2009
Associazione Effetto Farfalla

26 nov 2009
Siore e siori il circo è in città!!
Il tempo, le mode e l'abitudine cambiano le cose: nel corso degli anni quasi non passasse sera che non ci fosse un reality, ma la location doveva cambiare: sopravvissuti-ristoranti-fattorie-isole dei famosi dei quasi famosi e dei non famosi. Mancano: zoo, ascensori, case chiuse e patrie galere. Presto si colmerà la lacuna.
Ormai gli stereotipi sono cristallizzati: il Grande Fratello prende diverse persone di diversa fascia sociale, molti rigorosamente ignoranti (ci siamo scampati per un pelo quello che vuole andare a l'Ondra che è la sua città preferita, ma basta vedere un po' i Gialappi per mettersi le mani nei capelli e correre via con un pianto isterico), più personaggi reperiti alla bisogna a seconda del momento storico che si vive. Si tratta già con la donna cannone, una serie di nani maltrattati dal Circo; polemiche per la donna baffuta che, essendo sempre piaciuta, risulterebbe essere avvantaggiata. Mescolato il tutto si ha qualcosa che al di fuori sarebbe rissa, talvolta anche aggravata da insulti, offese e bestialità a tutto spiano.
Proseguo con l'Isola è dei Famosi per dire: la gran parte dei partecipanti è una ex qualcosa o di qualcuno. Diverse mezze tacche e tacchettine che sbraitano per ottenere un posticino miserrimo. Poi riappare, per esempio, Lory del Santo: chi caspita se ne frega dell'accompagnatore al cinema e del fatto che il ragazzo è geloso. Stai a vedere se è un trombamico o chissà chi. Per me sono due emeriti sconosciuti che potevano giocarsela a tresette. Per il resto rimane la rissa aggravata dalla fame, da bestemmie e futilità varie.
Salto a piè pari Uomini e donne (il massimo livello dello spettacolo è vedere a chi partono per prima le coronarie, relativamente ai discorsi sembrano scritti da dieci isterici analfabeti scappati dal manicomio) Amici e X Factor (sputtanano il dietro le quinte: se ci pensate il fascino del dietro le quinte nasce proprio dal fatto che sia merce rara da reperire, quasi qualcosa di massonico, di rubato).
Tutto questo, spesso, viene chiamato trash, ma anche qui avrei da ridire: il trash era qualcosa di eccezionale. In un contesto di enorme qualità, anche il trash aveva un suo perché e dei requisiti minimi. Adesso è tutto trash in un laghetto di sufficiente qualità, e la cosa è piacevole come la diarrea.
19 nov 2009
Proviamo a riepilogare la situazione (semitragica).
Pazienza se ci sono state mandate 22 raccomandazioni di stampo amministrativo per contenere la corruzione. Pazienza se la corruzione incide sul mercato e sulla concorrenza, impedisce il giusto sviluppo delle imprese, pesa su tutti gli italiani.
16 nov 2009
Due notizie, una analogia.
Entrambe le notizie hanno tra loro un’analogia: entrambi gli eventi rappresentano, al contrario di quanto successo oggi, un rifiuto dello Stato, del rispetto delle regole e della legalità in generale e di chi è tenuto a trasmettere questi valori. E di notizie come queste sono piene le cronache. Ma non solo: basta guardarsi intorno e si vedrà immediatamente che l‘analogia non riguarda solo le due notizie, ma molto di più. Già ne parlai sul blog tempo fa: siamo circondati da maleducazione, insofferenza alle regole anche più elementari. Figurarsi il resto.
14 nov 2009
Fermiamo la mutilazione degli organi genitali femminili.

Da Pensare è gratis |
I motivi che spingono all'infibulazione posono essere derivanti dalla credenza che solo in tal modo la donna raggiunga la maturità, oltre che sintomo di purezza (ma checché si creda il Corano non prescrive alcuna di queste pratiche), oltre che di verginità e di castità della donna. Ma anche l'associazione tra i genitali femminili esterni e l'idea di bruttezza e di nocività è un'associazione radicata al punto tale da giustificare queste pratiche.

6 nov 2009
Ipse dixit: Enzo Biagi a due anni dalla morte
Enzo Biagi - Ultima puntata (n. 814) de "Il Fatto" - Rai 1 18 aprile 2002. Nel giorno dell'anniversario della morte penso sia il minimo per ricordarlo.
4 nov 2009
Eventi rilevanti a Napoli: incontro su questioni morali ed istituzionali.

2 nov 2009
Se quando ti distrai sono uccelli senza zucchero...
Opzioni (VERE?):
1) Pilota e copilota dormivano (la NTSB ha smentito);
2) Pilota ed equipaggio erano alle prese con una discussione assai appassionante sul regolamento della compagnia aerea.
Interpretazione tutta personale:
1) Pilota, copilota, equipaggio ed i 147 passeggeri dormivano tutti quanti perchè hanno indossato le mascherine ed invece dell'ossigeno c'era del cloroformio.
2) Pilota, copilota, equipaggio ed i 147 passeggeri dormivano tutti quanti perchè intorpiditi dal film: La corazzata Potemkin.
3) In realtà erano tutti in catarsi per la presenza del Mago Otelma.
4) Banchettavano tutti insieme appassionatamente ad alta quota e non avevano la più remota intenzione di farsi rompere le palle da chicchesia.
31 ott 2009
Se oltre all'indifferenza c'è la rassegnazione
30 ott 2009
Elogio del flusso di coscienza.
22 ott 2009
Se su Facebook il fatto si fa serio.
Ferrero sul tema ad AffariItaliani.it dichiara: È una stupidaggine. È semplicemente una sciocchezza, dovuta al fatto che su Facebook, come sulla mail, si dicono delle cose che non si scriverebbero mai su un foglio di carta stampata. Veramente, è una stupidaggine. A mio parere non c'è alcun allarme. Siamo in un paese assolutamente non violento da questo punto di vista.
Ferrero dimentica in modo estremamente colpevole alcune cose: lettere, mail e conversazioni personali rimangono private, quindi hanno una portata estremamente limitata, ma un gruppo su Facebook che raggiunge diverse migliaia di persone non ha una portata limitata, e quindi si può pretendere l'ovvio rispetto delle leggi italiane, e quindi certe cose si farebbe bene ad evitarle, chiunque sia il destinatario.
21 ott 2009
Non passa la mozione a Strasburgo.
Post correlati sul tema della Libertà di Stampa su Pensare è Gratis
03/05/2009
Notizie del giorno
06/07/2009
La Carta Europea per la Libertà di Stampa
20/10/2009
Classifica per la libertà di stampa
20 ott 2009
Classifica per la libertà di stampa
13 ott 2009
La tendenza del PD all'autodistruzione.
Riepiloghiamo l'accaduto: sono imminenti le primare del PD, e potrebbe essere decisamente interessante vedere sulle televisioni nazionali un duello che potrebbe anche essere anche molto interessante, e con un po' d'impegno e fare un figurone rispetto allo spettacolo che ultimamente si gode e quindi far giungere a milioni di persone un'immagine positiva (per il partito), di metodi nuovi. Peraltro le offerte non sono certo mancate, quindi occorreva solo approfittarne.
12 ott 2009
L’imperio del politicamente corretto.
Qualcuno potrebbe offendersi se al posto di operatore ecologico si dicesse spazzino; sordo al posto di audioleso; cieco al posto di non vedente. Proprio il volersi sforzare costantemente di non voler offendere chi è diverso - o per qualche motivo più debole? - da noi è offensivo.
Scomporsi, arrabbiarsi, dir qualcosa a costo di sbagliare od offendere è segno di coraggio; chiedere scusa e riconoscere (sinceramente) i propri errori è segno di umiltà, non certo di politically correct. Dir qualcosa di giusto in un modo sbagliato è riduttivo; dire il nulla con un'ottima forma è una ricca presa per i fondelli.
10 ott 2009
Evoluzioni del caso dell'omicidio di Petru Birlandeanu
8 ott 2009
Lodo Alfano incostituzionale & caso Mills-Berlusconi.
Ne approfitto per fare una parentesi e per rimandarvi alla rinnovata sezione Approfonditamente: qualche mese fa è nata con una veste diversa ma dall'idea ancora attuale di sapere cosa dicono all'estero di noi sui temi più importanti, dato anche che quando si parla di Berlusconi non potranno essere sempre e comunque tutti comunisti-complottisti-anti italiani. Letterman che ha massacrato Bush per otto anni di mandato non è stato mai una volta indicato come antiamericano. Adesso ho sviluppato meglio l'idea anche graficamente, e la sezione - che dovrà essere ampliata - si estenderà anche ad altri temi (non solo Silvio). Tutto questo anche sulla scorta del fatto che ogni giornalista che non sia in cattiva fede ha un suo stile e può mettere in luce un aspetto trascurato da altri. Confrontare una rassegna stampa di diverse notizie è solo utile. Si accettano segnalazioni di stampa rigorosamente estera su argomenti già pubblicati o che vorreste fossero pubblicati di temi che riguardano prevalentemente l'Italia o comunque di grande interesse generale (all'interno della sezione trovate le indicazioni necessarie).
Chiusa parentesi, ritorniamo al caso Mills. Ho iniziato la sezione di cui sopra proprio dal caso Mills perché è stato ed è tornato di stretta attualità. A volerlo analizzare (ricordo che siamo ancora in primo grado) volendosi formare un’idea esclusivamente dalla stampa estera, emergono i seguenti elementi prevalenti:
1) Jessa Tewell - moglie di David Mills ed ex ministro del Governo Blair - secondo alcuni analisti politici inglesi sarebbe stata danneggiata politicamente in patria dallo scandalo del marito in Italia, mentre il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano che proprio nel paese che governa è direttamente coinvolto in un processo per corruzione, continua a governare impunemente senza che abbia alcun tipo di problematica politica.
Di seguito alcuni stralci degli articoli sul caso Mills-Berlusconi che trovate in versione integrale nella sezione:
In Italia questo genere di ovvie reazioni è inverosimile. L’ANSA ha rimosso dal suo sito internet la notizia della condanna di Mills già la sera stessa. Il telegiornale del primo canale italiano ha riportato la notizia solo dopo 19 minuti. L’argomento è durato esattamente un minuto. Il notiziario dell’emittente di Berlusconi “Rete 4″ ha completamente ignorato il tema.
Eric Arends - Corrispondente da Roma del de Volkskrant - 28/03/2009
Ma lo stato preoccupante delle cose si rivela soprattutto nel modo apatico in cui stampa e pubblico ultimamente reagiscono a questo genere di piani. L’Italia si abbandona sempre di più alla realtà altamente colorata con cui viene abbindolata dall’apparato di potere di Berlusconi.
4 ott 2009
Partito Democraticamente Rassegnato.
Quello che tuttavia vedo nel PD e nella gran parte della sinistra è la rassegnazione. La mozione di sfiducia contro Berlusconi non fu appoggiata dal PD perché in ogni caso sarebbe stata bocciata. Napolitano ha firmato il testo sullo scudo fiscale perché avrebbero rivotato lo stesso testo e Mr. President avrebbe dovuto firmarlo obbligatoriamente.
È giusto. Se avessero riapprovato lo stesso testo Napolitano avrebbe dovuto firmare obbligatoriamente, ma mandare un segnale non sarebbe una cosa sbagliata: il segnale che forse la strada non è completamente spianata, il segnale che c‘è qualche ostacolo. Non sarebbe stata una cattiva idea. Nel PDL cantano meno male che Silvio c’è. Ma forse vorrebbero cantare meno male che il PD c'è. Forse è troppo anche per loro. E comunque sia nel bene o nel male Silvio c’è. E con lui tutta la maggioranza compatta: quand’erano loro all’opposizione nessuno mollava la presa - specialmente con una maggioranza risicata - e diverse volte le leggi non passavano.
Il Partito Democraticamente Rassegnato vivacchia all’insegna dell’adda passà a nuttat’ quando sono all’opposizione; e del per rispetto non infieriamo sul nostro avversario e dialoghiamo, quando sono al governo. Di modo che quando Silvio c’è al Governo ha la strada pressoché spianata; quando Silvio c’è all’opposizione dialoga e magari la spunta pure dato che ci sa fare e dato che i suoi non mollano mai.
Detto questo i nomi dei deputati del PD assenti quando è stato approvato il testo sul cosiddetto scudo fiscale sono noti e sono note le motivazioni. Chissà forse Napolitano ha previsto pure le assenze recidive.
3 ott 2009
Sciopero dei giornalisti

Sostengono la campagna presso il Parlamento europeo:
1 ott 2009
La lettera di dimissioni di De Magistris dalla Magistratura.
Piazza del Quirinale ROMA
Signor Presidente, scrivo questa lettera a Lei soprattutto nella Sua qualità di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. È una lettera che non avrei mai voluto scrivere. È uno scritto che evidenzia quanto sia grave e serio lo stato di salute della democrazia nella nostra amata Italia.
È una lettera con la quale Le comunico, formalmente, le mie dimissioni dall’Ordine Giudiziario.
Lei non può nemmeno lontanamente immaginare quanto dolorosa sia per me tale decisione. Sebbene l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro – come recita l’art. 1 della Costituzione – non sono molti quelli che possono fare il lavoro che hanno sognato; tanti il lavoro non lo hanno, molti sono precari, altri hanno dovuto piegare la schiena al potente di turno per ottenere un posto per vivere, altri vengono licenziati come scarti sociali, tanti altri ancora sono cassintegrati. Ebbene, io ho avuto la fortuna di fare il magistrato, il mestiere che avevo sognato fin dal momento in cui mi iscrissi alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Federico II” di Napoli, luogo storico della cultura giuridica. La magistratura ce l’ho nel mio sangue, provengo da quattro generazioni di magistrati. Ho respirato l’aria di questo nobile e difficile mestiere sin da bambino. Uno dei giorni più belli della mia vita è stato quando ho superato il concorso per diventare uditore giudiziario. Una gioia immensa che mai avrei potuto immaginare destinata a un epilogo così buio. È cominciata con passione, idealità, entusiasmo, ma anche con umiltà ed equilibrio, la missione della mia vita professionale, come in modo spregiativo la definì il rappresentante della Procura Generale della Cassazione durante quel simulacro di processo disciplinare che fu imbastito nei miei confronti davanti al Csm. Per me, esercitare le funzioni giudiziarie in ossequio alla Costituzione Repubblicana significava tentare di dare una risposta concreta alla richiesta di giustizia che sale dai cittadini in nome dei quali la Giustizia viene amministrata. Quei cittadini che – contrariamente a quanto reputa la casta politica e dei poteri forti – sono tutti uguali davanti alla legge. Del resto Lei, signor Presidente, che è il custode della Costituzione, ben conosce tali inviolabili principi costituzionali e mi perdoni, pertanto, se li ricordo a me stesso.
I modelli ai quali mi sono ispirato sin dall’ingresso in magistratura – oltre a mio padre, il cui esempio è scolpito per sempre nel mio cuore e nella mia mente – sono stati magistrati quali Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ed è nella loro memoria che ho deciso di sventolare anch’io l’agenda rossa di Borsellino, portata in piazza con immensa dignità dal fratello Salvatore. Ho sempre pensato che chi ha il privilegio di poter fare quello che sogna nella vita debba dare il massimo per il bene pubblico e l’interesse collettivo, anche a costo della vita. Per questo decisi di assumere le funzioni di Pubblico Ministero in una sede di trincea, di prima linea nel contrasto al crimine organizzato: la Calabria. Una terra da cui, in genere, i magistrati forestieri scappano dopo aver svolto il periodo previsto dalla legge e dove invece avevo deciso (ingenuamente) di restare.
Ho dedicato a questo lavoro gli anni migliori della mia vita, dai 25 ai 40, lavorando mai meno di dodici ore al giorno, spesso anche di notte, di domenica, le ferie un lusso al quale dover spesso rinunciare. Sacrifici enormi, personali e familiari, ma nessun rimpianto: rifarei tutto, con le stesse energie e il medesimo entusiasmo.
In questi anni difficili, ma entusiasmanti, in quanto numerosi sono stati i risultati raggiunti, ho avuto al mio fianco diversi colleghi magistrati, significativi settori della polizia giudiziaria, un gruppo di validi collaboratori. Ho cercato sempre di fare un lavoro di squadra, di operare in pool. Parallelamente al consolidarsi dell’azione investigativa svolta, però, si rafforzavano le attività di ostacolo che puntavano al mio isolamento, alla de-legittimazione del mio lavoro, alle più disparate strumentalizzazioni. Intimidazioni, pressioni, minacce, ostacoli, interferenze. Attività che, talvolta, provenivano dall’esterno delle Istituzioni, ma il più delle volte dall’interno: dalla politica, dai poteri forti, dalla stessa magistratura. Signor Presidente, a Lei non sfuggirà, quale Presidente del CSM, che l’indipendenza della magistratura può essere minata non solo dall’esterno dell’ordine giudiziario, ma anche dall’interno: ostacoli nel lavoro quotidiano da parte di dirigenti e colleghi , revoche e avocazioni illegali, tecniche per impedire un celere ed efficace svolgimento delle inchieste.
Ho condotto indagini nei settori più disparati, ma solo quando mi occupavo di reati contro la Pubblica amministrazione diventavo un cattivo magistrato.
Posso dire con orgoglio che il mio lavoro a Catanzaro procedeva in modo assolutamente proficuo in tutte le direzioni, come impone il precetto costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale, corollario del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. La polizia giudiziaria lavorava con sacrifici enormi, perché percepiva che risultati straordinari venivano raggiunti. Le persone informate dei fatti testimoniavano e offrivano il loro contributo. Lo Stato c’era ed era visibile, in un territorio martoriato dal malaffare. Le inchieste venivano portate avanti tutte, senza insabbiamenti di quelle contro i poteri forti (come invece troppe volte accade). Questo modo di lavorare, il popolo calabrese – piaccia o non piaccia al sistema castale – lo ha capito, mostrandoci sostegno e solidarietà. Non è poco, signor Presidente, in una Regione in cui opera una delle organizzazioni mafiose più potenti del mondo. E che lo Stato stesse funzionando lo ha compreso bene anche la criminalità organizzata. Tant’è vero che si sono subito affinate nuove tecniche di neutralizzazione dei servitori dello Stato che si ostinano ad applicare la Costituzione Repubblicana. Non so se Ella, Signor Presidente, condivide la mia analisi. Ma a me pare che - dopo la stagione delle stragi di mafia culminate nel 1992 con gli attentati di Capaci e di via D’Amelio e dopo la strategia della tensione delle bombe a grappolo in punti nevralgici del Paese nel 1993 - le mafie hanno preso a istituzionalizzarsi. Hanno deciso di penetrare diffusamente nella cosa pubblica, nell’economia, nella finanza. Sono divenute il cancro della nostra democrazia. Controllano una parte significativa del prodotto interno lordo del nostro paese, hanno loro rappresentanti nella politica e nelle Istituzioni a tutti i livelli, nazionali e territoriali. Nemmeno la magistratura e le forze dell’ordine sono rimaste impermeabili. Si è creata un’autentica emergenza democratica, da sconfiggere in Italia e in Europa.
Gli ostacoli più micidiali all’attività dei servitori dello Stato sono i mafiosi di Stato: quelli che indossano abiti istituzionali, ma piegano le loro funzioni a interessi personali, di gruppi, di comitati d’affari, di centri di potere occulto. Non mi dilungo oltre, perché credo che al Presidente della Repubblica tutto questo dovrebbe essere noto.
Ebbene oggi, Signor Presidente, non è più necessario uccidere i servitori dello Stato: si creerebbero nuovi martiri; magari, ai funerali di Stato, il popolo prenderebbe di nuovo a calci e sputi i simulacri del regime; l’Europa ci metterebbe sotto tutela. Non vale la pena rischiare, anzi non serve. Si può raggiungere lo stesso risultato con modalità diverse: al posto della violenza fisica si utilizza quella morale, la violenza della carta da bollo, l’uso illegale del diritto o il diritto illegittimo, le campagne diffamatorie della propaganda di regime, si scelga la formula che più piace.
Che ci vuole del resto, signor Presidente, per trasferire un magistrato perbene, un poliziotto troppo curioso, un carabiniere zelante, un finanziere scrupoloso, un prete coraggioso, un funzionario che non piega la schiena, o per imbavagliare un giornalista che racconta i fatti? È tutto molto semplice, quasi banale. Ordinaria amministrazione.
Per allontanare i servitori dello Stato e del bene pubblico, bisogna prima isolarli, delegittimarli, diffamarli, calunniarli. A questo servono i politici collusi, la stampa di regime al servizio dei poteri forti, i magistrati proni al potere, gli apparati deviati dello Stato. La solitudine è una caratteristica del magistrato, l’isolamento è un pericolo. Ebbene, in Calabria, mentre le persone rispondevano positivamente all’azione di servitori dello Stato vincendo timori di ritorsioni, spezzando omertà e connivenze, pezzi significativi delle Istituzioni contrastavano le attività di magistrati e forze dell’ordine con ogni mezzo.
Quello che si è realizzato negli anni in Calabria sul piano investigativo è rimasto ignoto, in quanto la cappa esercitata anche dalla forza delle massonerie deviate impediva di farlo conoscere all’esterno. Il resto del Paese non doveva sapere. Si praticava la scomparsa dei fatti. Quando però le vicende sono cominciate a uscire dal territorio calabrese, l’azione di sabotaggio si è fatta ancor più violenta e repentina. Invece dello sbarco degli Alleati, c’è stato quello della borghesia mafiosa che soffoca la vita civile calabrese. L’azione dello Stato produceva risultati in termini di indagini, restituiva fiducia nelle Istituzioni, svelava i legami tra mafia “militare” e colletti bianchi, smascherava il saccheggio di denaro pubblico perpetrate da politici collusi, (im)prenditori criminali e pezzi deviati delle Istituzioni a danno della stragrande maggioranza della popolazione, scoperchiava un mercato del lavoro piegato a interessi illeciti, squadernava il controllo del voto e, quindi, l’inquinamento e la confisca della democrazia.
Sono cose che non si possono far conoscere, signor Presidente. Altrimenti poi il popolo prende coscienza, capisce come si fanno affari sulla pelle dei più deboli, dissente e magari innesca quella democrazia partecipativa che spaventa il sistema di potere che opprime la nostra democrazia. Una presa di coscienza e conoscenza poteva scatenare una sana e pacifica ribellione sociale. Lei, signor Presidente, dovrebbe conoscere – sempre quale Presidente del CSM - le attività messe in atto ai miei danni. Mi auguro che abbia assunto le dovute informazioni su quello che accadeva in Calabria per fermare il lavoro che stavo svolgendo in ossequio alla legge e alla Costituzione. Avrà potuto così notare che è stata messa in atto un’attività di indebito esercizio di funzioni istituzionali al solo fine di bloccare indagini che avrebbero potuto ricostruire fatti gravissimi commessi in Calabria (e non solo) da politici di destra, di sinistra e di centro, da imprenditori, magistrati, professionisti, esponenti dei servizi segreti e delle forze dell’ordine. Tutto ciò non era tollerabile in un Paese ad alta densità mafiosa istituzionale. Come poteva un pugno di servitori dello Stato pensare di esercitare il proprio mandato onestamente applicando la Costituzione? Signor Presidente, Lei - come altri esponenti delle Istituzioni - è venuto in Calabria, ha esortato i cittadini a ribellarsi al crimine organizzato e ad avere fiducia nelle Istituzioni. Perché, allora, non è stato vicino ai servitori dello Stato che si sono imbattuti nel cancro della nostra democrazia, cioè nelle più terribili collusioni tra criminalità organizzata e poteri deviati? Non ho mai colto alcun segnale da parte Sua in questa direzione, anzi. Eppure avevo sperato in un Suo intervento, anche pubblico: ero ancora nella fase della mia ingenuità istituzionale. Mi illudevo nella neutralità, anzi nell’imparzialità dei pubblici poteri. Poi ho visto in volto, pagando il prezzo più amaro, l’ingiustizia senza fine.
Sono stato ostacolato, mi sono state sottratte le indagini, mi hanno trasferito, mi hanno punito solo perché ho fatto il mio dovere, come poi ha sancito l’Autorità Giudiziaria competente. Ma intanto l’obiettivo era stato raggiunto, anche se una parte del Paese aveva e ha capito quel che è accaduto, ha compreso la posta in gioco e me l’ha testimoniato con un affetto che Lei non può nemmeno immaginare. Un affetto che costituisce per me un’inesauribile risorsa aurea.
Ho denunciato fatti gravissimi all’Autorità giudiziaria competente, la Procura della Repubblica di Salerno: me lo imponeva la legge e prima ancora la mia coscienza. Magistrati onesti e coraggiosi hanno avuto il solo torto di accertare la verità, ma questa ancora una volta era sgradita al potere. E allora anche loro dovevano pagare, in modo ancora più duro e ingiusto: la lezione impartita al sottoscritto non era stata sufficiente. La logica di regime del “colpirne uno per educarne cento” usata nei miei confronti non bastava ancora a scalfire quella parte della magistratura che è l’orgoglio del nostro Paese. Ci voleva un altro segnale forte, proveniente dalle massime Istituzioni, magistratura compresa: la ragion di Stato (ma quale Stato, signor Presidente?) non può tollerare che magistrati liberi, autonomi e indipendenti possano ricostruire fatti gravissimi che mettono in pericolo il sistema criminale di potere su cui si regge, in parte, il nostro Paese.
Quando la Procura della Repubblica di Salerno – un pool di magistrati, non uno “antropologicamente diverso”, come nel mio caso – ha adottato nei confronti di insigni personaggi calabresi provvedimenti non graditi a quei poteri che avevano agito per distruggermi, ecco che il circuito mediatico-istituzionale, ai più alti livelli, ha fatto filtrare il messaggio perverso che era in atto una “lite fra Procure”, una guerra per bande. Una menzogna di regime: nessuna guerra vi è stata, fra magistrati di Salerno e Catanzaro. C’era invece semplicemente, come capirebbe anche mio figlio di 5 anni, una Procura che indagava, ai sensi dell’art. 11 del Codice di procedura penale, su magistrati di un altro distretto. E questi, per ostacolare le indagini, hanno a loro volta indagato i colleghi che indagavano su di loro, e me quale loro istigatore. Un mostro giuridico. Un’aberrazione di un sistema che si difende dalla ricerca della verità, tentando di nascondersi dietro lo schermo di una legalità solo apparente.
Questa menzogna è servita a buttare fuori dalle indagini (e dalla funzioni di Pm) tre magistrati di Salerno, uno dei quali lasciato addirittura senza lavoro. Il messaggio doveva essere chiaro e inequivocabile: non deve accadere più, basta, capito?! Signor Presidente, io credo che Lei in questa vicenda abbia sbagliato. Lo affermo con enorme rispetto per l’Istituzione che Lei rappresenta, ma con altrettanta sincerità e determinazione. Ricordo bene il Suo intervento – devo dire, senza precedenti – dopo che furono eseguite le perquisizioni da parte dei magistrati di Salerno. Rimasi amareggiato, ma non meravigliato. Signor Presidente, questo sistema malato mi ha di fatto strappato di dosso la toga che avevo indossato con amore profondo. E il fatto che non mi sia stato più consentito di esercitare il mestiere stupendo di Pubblico ministero mi ha spinto ad accettare un’avventura politica straordinaria. Un’azione inaccettabile come quella che ho subìto può strapparmi le amate funzioni, può spegnere il sogno professionale della mia vita, può allontanarmi dal mio lavoro, ma non può piegare la mia dignità, nè ledere la mia schiena dritta, nè scalfire il mio entusiasmo, nè corrodere la mia passione e la volontà di fare qualcosa di utile per il mio Paese. Nell’animo, nel cuore e nella mente, sarò sempre magistrato.
Nella Politica, quella con la P maiuscola, porterò gli stessi ideali con cui ho fatto il magistrato, accompagnato dalla medesima sete di giustizia, i miei ideali e valori di sempre (dai tempi della scuola) saranno il faro del nuovo percorso che ho intrapreso. Darò il mio contributo affinchè i diritti e la giustizia possano affermarsi sempre di più e chi soffre possa utilizzarmi come strumento per far sentire la sua voce.
È per questo che, con grande serenità, mi dimetto dall’Ordine giudiziario, dal lavoro più bello che avrei potuto fare, nella consapevolezza che non mi sarebbe più consentito esercitarlo dopo il mandato politico. Lo faccio con un ulteriore impegno: quello di fare in modo che ciò che è successo a me non accada mai più a nessuno e che tanti giovani indossino la toga non con la mentalità burocratica e conformista magistralmente descritta da Piero Calamandrei nel secolo scorso, come vorrebbe il sistema di potere consolidato, ma con la Costituzione della Repubblica nel cuore e nella mente.
Luigi de Magistris Roma, 28 settembre 2009